Ipertrofia prostatica benigna (IPB): conosciamola insieme.
L’ipertrofia prostatica benigna (IPB) è un disturbo maschile (che si presenta con un ingrossamento della ghiandola prostatica) molto frequente, in particolare in età avanzata. Può avere un impatto significativo sulla qualità di vita, in particolare provocando problemi urinari; la diagnosi e la terapia, soprattutto precoci, sono quindi molto importanti.
L’ipertrofia prostatica benigna (IPB), o iperplasia prostatica benigna (BPH), è una patologia che causa un ingrossamento della prostata (la piccola ghiandola dell’apparato genitale maschile, posizionata sotto la vescica e davanti al retto, adibita alla produzione del liquido seminale). Soprattutto nella popolazione maschile over 60/70, questo aumento di volume è molto comune ma, al di là delle problematiche di carattere urinario, non deve destare particolare preoccupazione, in quanto è di natura benigna e trattabile con risultati più che soddisfacenti.
Dal punto di vista clinico, la sintomatologia di questo disturbo è associata essenzialmente a problematiche urinarie dovute ad una compressione dell’uretra ed alla conseguente difficoltà di riempimento/svuotamento della vescica. Si possono riassumere in: difficoltà ad urinare, bisogno frequente di urinare, flusso urinario debole, sgocciolamento, sensazione di svuotamento parziale della vescica, dolore in fase di minzione o eiaculazione.
Le principali cause dell’insorgere dell’ipertrofia prostatica sono legate all’età, al calo della produzione di ormoni (tipica dell’andropausa), a fattori di carattere genetico, a situazioni di familiarità con la problematica, all’obesità ed a patologie autoimmuni come il diabete.
Per quanto di natura benigna, questa problematica può degenerare in complicanze anche molto invalidanti, quali incontinenza, ritenzione, calcolosi vescicale, infezioni, danni renali.
Per la diagnosi dell’iperplasia prostatica benigna è generalmente sufficiente una visita urologica con esame rettale digitale (eventualmente approfonditi con un’uroflussimetria, un’ecografia sovrapubica dell’addome, un’ecografia transrettale, l’esame del PSA). In caso di sintomi sospetti, già dai 40 anni è opportuno iniziare ad effettuare controlli periodici, soprattutto in presenza di uno o più fattori non legati all’invecchiamento.
Gli approcci terapeutici possibili sono molteplici, a seconda della gravità dei sintomi: si va dal monitoraggio nel tempo della situazione, ad alcuni accorgimenti legati allo stile di vita, fino ad arrivare a terapie farmacologiche o – in ultima istanza – chirurgiche.
Una dieta equilibrata, un consumo ridotto di alcolici, una regolare attività fisica sono molto importanti nel prevenire e anche nel contenere questo disturbo così diffuso nella popolazione maschile.
FONTI:
grupposandonato.it
humanitas.it
airc.it
issalute.it
fondazioneveronesi.it